Caro Grillo, il Web è un’altra cosa
Il Fatto Quotidiano > Blog > Il blog di Blog di Guido Scorza
Guido Scorza
Docente, avvocato e giornalista
Caro
Grillo,
il
Web è, probabilmente, l’unica – e anche l’ultima [almeno nel
breve periodo] – possibilità che
il nostro Paese ha di liberarsi da un giogo
mediatico che
lo ha reso quello che oggi è: un Paese nel quale la televisione ed i
giornali contano più del Parlamento e dei Tribunali e nel quale
pochi – anzi pochissimi – decidono per tutti.
Sono
anni che, in maniera scientifica e sistematica, governi e governucoli
tentano di rallentare
la digitalizzazione del Paese e
di frenare la diffusione di Internet, consapevoli che quando la tv
non sarà più lo strumento di indottrinamento [e talvolta di
rimbecillimento] di massa che è stato per decenni, le dinamiche di
affermazione e conservazione delle leadership politiche
ed economiche si sgretoleranno inesorabilmente.
E
sono, anche, anni che televisioni e giornali propongono della Rete,
pressoché esclusivamente, il suo lato
peggiore,
ritraendola come un farwest popolato
da pirati, briganti e pedofili, consapevoli che se sessanta milioni
di cittadini italiani iniziassero a navigare online anziché stare
seduti in poltrona davanti alla Tv o a leggere il giornale, il loro
lavoro – che sia quello di fare informazione, cultura o
intrattenimento – diverrebbe assai più difficile e solo i migliori
resterebbero sul mercato.
Nel
Paese del “tele-comando”, quando i tele-sudditi avranno in mano
un mouse o saranno capaci di far correre le dita su un tablet a
caccia di informazione
libera e
partecipazione, molto, se non tutto, sarà diverso.
Il
Web è, almeno in potenza, uno spazio di libertà per
le idee come per il mercato.
Il
Web è il più straordinario mezzo
di comunicazione di massa che
l’umanità abbia mai avuto a disposizione ma, naturalmente, come
tutti gli strumenti, non è ontologicamente né buono, né cattivo:
tutto dipende da come viene usato.
In
un Paese di analfabeti informatici e
scettici digitali – non a caso ma anche e soprattutto per le
ragioni suddette – come il nostro, tuttavia, il rischio che, quando
si parla di Web, si confonda una parte con il tutto è sempre in
agguato, dietro l’angolo.
Accade
così che si dica googletax per
dire webtax,
che si scriva Facebook per
dire socialnetwork o iTunes per indicare ogni negozio online di
contenuti digitali.
Si
offre, così, un’immagine distorta e non veritiera del Web,
magistralmente cavalcata, quando occorre, dai media tradizionali per
convincerci che, tutto sommato, l’osannata rivoluzione
del Web non
è nient’altro che un avvicendamento nelle leadership mediatiche,
con l’aggravante che i nuovi “signori” dell’informazione e
dell’intrattenimento globale, parlano inglese, pagano le tasse
altrove e non creano posti di lavoro in Italia.
Un
Web dipinto così ha, decisamente, poco
appeal sociale,
democratico ed economico.
Il
punto è che la stessa sineddoche fuorviante si sta diffondendo, alla
velocità della luce, a proposito del rapporto tra politica e Web.
Proprio
come si identifica il Web con i brand di
successo delle internet
company che
contano, allo stesso modo si associa la democrazia elettronica e la
politica esercitata via internet con la storia e l’attività
del Movimento
Cinque stelle.
Si
tratta di un processo in parte spontaneo da parte di un popolo che,
sin qui, non aveva mai visto usare davvero il Web come spazio e
strumento politico ed in parte alimentato, ad arte, da tutti quelli
che se si tornasse a fare politica solo sulle pagine dei giornali e
nei salotti
televisivi,
potrebbero contare, se non sull’immortalità politica, almeno su
una vita ancora lunga e piena di poltrone.
Non
è, naturalmente, una colpa del Movimento Cinque Stelle e, anzi, è
semmai, uno straordinario
merito ma,
ad un tempo, è – o almeno dovrebbe essere – una ragione di
straordinariaresponsabilizzazione di
chi, nel movimento, ha la leadership.
E’
per questo, caro Grillo, che trovo di inaudita gravità l’utilizzo
del Web per forme di gratuita istigazione alla violenza – che non
hanno nulla a che vedere né con la politica, né con la democrazia,
né con la satira – come quella mandata in Rete ieri, invitando un
popolo di “web-sudditi”, legittimamente inferocito contro un
certo modo di amministrare la cosa pubblica, a dar sfogo alle più
primitive ed ignoranti pulsioni offensive e sessiste contro una delle
più alte cariche dello Stato.
“Cosa
fareste soli in macchina con Laura?” – con chiaro riferimento
a Laura
Boldrini, [ndr
mi si segnala che le parole utilizzate da Grillo sono state: "Cosa
succederebbe se trovassi la Boldrini in macchina?". Non
mi sembra cambi il senso ma chiedo scusa per la svista] Presidente
della Camera dei Deputati – era, e non può essere sfuggito ai guru
della comunicazione nella cabina di regia del Movimento, una
evidente domanda
retorica alla
quale non potevano che darsi risposte imbecilli e offensive prive di
qualsivoglia contenuto e significato politico.
E’
una vicenda drammaticamente preoccupante perché oggi e poi domani e
poi ancora nei giorni e nelle settimane che verranno, il Web
verrà di nuovo raccontato sui giornali e nella televisione
cometeatro
di inaccettabili violenze verbali e
si tornerà a proporne una più rigorosa disciplina e
regolamentazione capace di prevenire certi abusi.
Le
colpe di pochi – che pure hanno il merito di aver acceso i
riflettori sul Web anche come strumento di partecipazione
democratica –
ricadranno su tutti o, almeno, sui tanti che, da anni usano il Web
per “fare politica” e sognano il giorno nel quale, anche in
Italia, attraverso la Rete, si potranno riaffermare in maniera
integrale gli straordinari principi
scritti nella nostra Costituzione.
Il
Movimento Cinque Stelle poteva essere uno
straordinario laboratorio di
esperimenti di democrazia elettronica ma chi ne tiene in mano il
mouse – e non certo le centinaia di rappresentanti e attivisti che
ci hanno creduto ed investito tempo e passione – lo sta, purtroppo,
trasformando solo in una nuova Tv, superficiale, violenta e,
soprattutto, unidirezionale proprio come la vecchia – ma sempre di
moda – televisione
commerciale.
Sarebbe
un disastro, anzi sarebbe una tragedia democratica se gli italiani si
convincessero che fare politica attraverso il Web e partecipare
online al governo della cosa pubblica significhi
necessariamente usare la Rete per istigare a violenza gratuita o per
cercare di inculcare un pensiero unico.
Quanto
accaduto ieri non c’entra nulla con la libertà di manifestazione
del pensiero online e, a ben vedere, non c’entra nulla neppure con
il Web nel quale in tanti crediamo ed abbiamo scommesso.
Questa
volta #iostoconlaura ma, soprattutto, #iostoconilweb perché
il Web è un’altra cosa e, per fortuna, il tuo movimento ne
rappresenta solo una porzione infinitesimale.
Nessun commento:
Posta un commento
Grazie per il tuo commento !